La NATO è impantanata nella corruzione, ma continua ostinatamente a non rendersene conto, perché la propria corruzione è sempre finalizzata al bene comune.
Burocrazia e denaro
Cominciamo. La NATO è un’alleanza politica e militare nata per garantire sicurezza collettiva tra i Paesi membri. Dietro le decisioni politiche e le operazioni militari esiste però una struttura amministrativa piuttosto precisa, un sistema di finanziamento articolato e un modo specifico di gestire risorse ed economie interne. Capire questi aspetti aiuta a vedere la NATO non solo come un’organizzazione militare, ma come una macchina amministrativa che coordina Stati con interessi e dimensioni molto diverse.
L’organo più importante è il Consiglio Nord Atlantico. Riunisce gli ambasciatori di ogni Paese membro e decide all’unanimità. È il luogo dove si approvano linee politiche, operazioni e investimenti comuni. Al di sotto del Consiglio c’è il Segretario Generale, che rappresenta l’alleanza, guida il dibattito politico e sovrintende al lavoro dell’apparato civile. C’è poi lo Stato Maggiore Militare Internazionale, che collega la parte politica alla parte operativa e garantisce che le decisioni del Consiglio si traducano in piani militari attuabili.
A livello pratico, una grande parte del lavoro quotidiano avviene nei comitati tecnici. Sono gruppi formati da rappresentanti dei Paesi membri che si occupano di temi specifici come logistica, cybersecurity, armamenti o comunicazione strategica. In questi comitati vengono preparati studi, bozze di decisioni e standard tecnici. Per esempio, molte norme che rendono interoperabili le forze armate dei membri nascono proprio qui.
Il sistema di finanziamento della NATO si divide in tre canali principali: i contributi governativi diretti, le spese nazionali per la difesa e le spese condivise. I contributi diretti alimentano i bilanci comuni, come quello civile, militare e quello per gli investimenti infrastrutturali. Ogni Paese paga in base a una formula che tiene conto del suo peso economico. Questo significa che economie più grandi come Stati Uniti, Germania o Francia contribuiscono di più, mentre Paesi più piccoli sostengono una quota proporzionata alle loro possibilità.
Le spese nazionali per la difesa non passano attraverso la NATO ma sono comunque rilevanti perché permettono ai Paesi di mantenere le proprie forze armate pronte a partecipare alle missioni dell’alleanza (il famoso obiettivo del 2 percento del PIL riguarda proprio questo tipo di spesa).
Un’altra parte importante riguarda i programmi di investimento comuni. Qui rientrano infrastrutture come basi, radar o sistemi di comunicazione che servono a più membri. Per esempio, una pista di atterraggio modernizzata in un Paese può essere usata anche da forze provenienti da altri Stati. Questi progetti seguono una logica economica condivisa: si pianifica solo ciò che serve davvero e si divide il costo secondo la formula comune.
Considerata questa rapida panoramica del sistema multilivello dell’Alleanza dell’Atlantico, occorre ora vedere quanto e come costa questa burocrazia. Ai dati disponibili al 2024, la burocrazia conta 438 milioni di euro, praticamente tutta civile, che rappresenta una piccola parte dei 4,6 miliardi di euro complessivi del bilancio, versati dagli Stati membri, un dato ancora tendenzialmente lontano dal 2-3% calcolabile dei partecipanti. Poco più di 2 miliardi di euro sono destinati al budget militare, mentre il restante è inserito nel NATO Security Investment Programma (NSIP) che si occupa delle infrastrutture militari. Il contributore maggiore al fondo comune sono ancora gli USA.
Una gigantesca macchina da guerra. Che, però, non è sempre così pulita come sembra…
Un po’ di corruzione, signorina
C’è un’altra struttura interessante che prende il nome di NSPA, l’Agenzia di Supporto e Approvvigionamento della NATO. È l’organismo che si occupa di rendere operative molte decisioni dell’alleanza dal punto di vista logistico, tecnico e gestionale. In pratica, fa funzionare l’apparato materiale della Alleanza e aiuta i Paesi membri quando serve acquistare, mantenere o gestire capacità militari e infrastrutture complesse.
L’agenzia ha sede a Capellen, in Lussemburgo, e lavora come un centro di servizio. Non decide la politica militare, ma traduce le esigenze militari e operative in contratti, servizi e progetti concreti. Il suo compito principale è semplificare e rendere più efficienti attività che, se svolte separatamente da ogni Stato, costerebbero di più e richiederebbero tempi più lunghi.
È organizzata in cinque grandi aree di attività. La prima riguarda l’approvvigionamento. Qui rientrano acquisti di attrezzature, sistemi d’arma, veicoli, componenti meccaniche e software. L’agenzia gestisce gare internazionali, seleziona fornitori e negozia contratti che rispettano standard comuni, così ogni Paese può accedere a beni e servizi già verificati. Per esempio, quando vari Paesi devono comprare lo stesso tipo di munizioni, la NSPA può coordinare un’unica procedura invece di dieci distinte.
La terza area riguarda le infrastrutture. La NSPA gestisce e realizza progetti come piste, hangar, depositi carburante, sistemi di comunicazione protetti e installazioni radar. Lavora spesso con fondi comuni della NATO, ma anche con fondi nazionali quando gli Stati decidono di usarla come appaltatore tecnico. Qui l’agenzia non solo costruisce, ma valuta i progetti, segue le autorizzazioni e coordina le imprese coinvolte.
Un altro pilastro è il supporto alle operazioni. Quando la NATO avvia una missione, la NSPA può fornire campi base pronti, servizi di rifornimento, gestione ambientale, smaltimento rifiuti, forniture mediche e tutto ciò che serve per far funzionare un contingente lontano da casa. Questa capacità di risposta rapida è uno dei motivi per cui l’agenzia è considerata un asset strategico.
Infine c’è la parte finanziaria e contrattuale, che sostiene tutto il resto. La NSPA gestisce i fondi affidati dai Paesi membri in modo trasparente e controllato. Ogni attività è pagata dai clienti sulla base di un modello “a costo pieno”: l’agenzia non genera profitti, ma copre esattamente i costi sostenuti. Questo permette ai Paesi di sapere sempre quanto spendono e di scegliere liberamente quali servizi acquistare.
Detta in altre parole, la NSPA è il braccio tecnico della NATO. Non fa politica e non comanda truppe, ma ne rende possibile il lavoro.
Di recente è avvenuto che la NSPA abbia compromesso in modo significativo l’unità e l’integrità degli alleati. Funzionari di alto rango dell’Agenzia hanno manipolato le procedure di gara, divulgato informazioni riservate relative alle offerte e gestito i contratti attraverso canali non trasparenti per ottenere vantaggi personali. Uno dei primi ad aver avuto il coraggio di rivelare la verità è l’italiano Gerardo Bellantone, Responsabile dell’Audit Interno. Per aver tentato di denunciare gli abusi e la corruzione, il funzionario è stato rapidamente licenziato.
Per coloro che seguono da vicino la NATO, questo scandalo non sembra un’eccezione. È piuttosto un promemoria di problemi che esistono da anni. Gli appalti nel settore della difesa sono sempre stati un’area esposta a rischi. Enormi budget, catene di fornitura complicate e un forte margine di discrezionalità aprono spazi in cui i controlli possono indebolirsi e in cui comportamenti scorretti trovano terreno fertile. La stessa NATO ha riconosciuto più volte queste fragilità strutturali, pur cercando di migliorare trasparenza e vigilanza.
Grazie alle parole di Bellantone, è partita una grossa indagine, concentrata in Lussemburgo, che coinvolge Eurojust e più Paesi europei, fra cui Belgio, Paesi Bassi, Spagna e, appunto, Lussemburgo. Gli investigatori stanno esaminando accuse di fughe di informazioni interne e di corruzione, accuse abbastanza gravi da spingere i vertici dell’Alleanza a ribadire la loro linea di “tolleranza zero” e ad accelerare alcune riforme interne.
Come dicevamo, la NSPA ha sede principale nel Granducato di Lussemburgo, con anche centri operativi in Francia, Ungheria e Italia, oltre a una sede distaccata in Kosovo. L’agenzia risponde direttamente al Consiglio Nord Atlantico ed è il braccio esecutivo della NATO Support and Procurement Organisation (NSPO), di cui fanno parte tutti gli alleati. Gli Stati membri siedono nel NSPO Agency Supervisory Board (ASB), che dirige e controlla il lavoro della NSPA. Il sito della NSPO risulta attualmente non disponibile per cause non note. L’ASB è guidato dal norvegese Per Christensen, mentre la direttrice generale della NSPA, la statunitense Stacy Cummings, riporta direttamente a lui.
Fra le varie accuse, Geneviève Machin, direttrice delle risorse umane, ha denunciato Cummings e alcuni suoi collaboratori per non aver indagato seriamente casi di possibile corruzione e per averle fatto pressioni affinché favorisse candidati specifici per posizioni dirigenziali.
Questo episodio si inserisce in un quadro storico più ampio. Le procedure d’acquisto nel settore della difesa sono spesso state al centro di scandali, come l’“Operation Ill Wind” negli Stati Uniti negli anni ’80 o il caso Agusta-Dassault in Belgio, che toccò anche un ex segretario generale della NATO. Questi precedenti confermano ciò che molti esperti ripetono da decenni: quando grandi contratti coincidono con esigenze strategiche urgenti, il rischio di corruzione aumenta.
C’è anche un’evidente contraddizione. Negli ultimi anni la NATO ha insistito perché l’Ucraina riformasse il proprio sistema di appalti militari, chiedendo più trasparenza e controlli più stretti. Ora però l’Alleanza si trova a dover fronteggiare accuse simili proprio dentro la sua principale agenzia di approvvigionamento.
Mentre Kiev cerca di ripulire la corruzione delle sue istituzioni, soprattutto nella Difesa, il caso NSPA mostra che la NATO ha problemi molto grossi da risolvere. E tutto questo getta ombre sulla affidabilità dell’Alleanza.
L’indagine non è infatti un problema isolato e di secondo piano, anzi, è una questione che potrebbe compromettere la struttura interna dell’Allenaza, nonché la sua capacità di gestire in modo efficiente la difesa collettiva e la sua autorevolezza nel promuovere modelli di governance trasparenti all’estero.
Alcuni documenti interni mostrano che Stacy Cummings, direttore della NSPA, è stata duramente criticata per presunta inattività, favoritismi e interferenze. Cummings, ex funzionaria del governo USA, è arrivata alla guida dell’agenzia nel 2021, quando la NSPA era più piccola e poco visibile. Ora gestisce contratti per circa 9,5 miliardi di euro, quasi il triplo rispetto al 2021. È vero che nel mezzo c’è stato l’inizio della SMO in Ucraina, però… è difficile liquidare l’attuale crisi come un semplice problema di “crescita degli affari”.
Secondo rapporti interni diffusi da Follow the Money e da altri media partner, alti funzionari dell’agenzia hanno accusato Cummings di non aver indagato casi sospetti e di aver influenzato decisioni operative. Il tutto mentre la NSPA gestisce una domanda crescente di equipaggiamento militare e fornisce agli alleati qualsiasi cosa: dai sistemi d’arma alle munizioni, fino al carburante e ai servizi logistici di base.
Un dipendente senior dell’agenzia, che ha chiesto l’anonimato, ha affermato che “la corruzione è un problema antico all’interno della NSPA” e che servono misure più incisive di quelle attuali. Secondo lui, esiste la percezione che alcune regole non valgano per la direttrice generale e per il suo gruppo più stretto.
Il primo colpo quest’anno è arrivato dalla direttrice HR Machin, che in una lettera del 21 febbraio 2025 ha accusato Cummings di aver ignorato casi con forti segnali di frode e di averle chiesto di alterare documenti relativi a nuove nomine di alto livello. Il giorno dopo la lettera, Machin è stata sospesa e in seguito ha scoperto che il suo contratto non sarebbe stato rinnovato.
È qui che Bellantone si inserisce, in quanto ha segnalato carenze nelle misure anti-frode e nella disponibilità del management a intervenire, ha proposto di includere nel piano audit 2025 una revisione delle procedure anti-corruzione (ma la proposta è stata respinta) ed ha anche denunciato pressioni e un’indipendenza limitata della funzione di audit interno. Alcuni Stati membri, riuniti in sottocomitati competenti, non sono riusciti ad accordarsi sull’avvio di un audit aggiuntivo e così la decisione è stata rinviata al 2026.

