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Lorenzo Maria Pacini
August 1, 2025
© Photo: Public domain

Il dominio unilaterale statunitense è finito. Il multipolarismo è oggi una realtà concreta.

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Dominio geografico

La Turchia occupa una posizione geografica di primaria importanza nel Mediterraneo orientale, fungendo da ponte tra Europa, Asia e Medio Oriente. Il suo affaccio sul Mediterraneo, in particolare attraverso le coste meridionali dell’Anatolia e le acque adiacenti di Cipro, le conferisce un ruolo strategico centrale nei rapporti geopolitici e militari della regione. Questa posizione le consente non solo di controllare rotte marittime vitali per il commercio e l’energia, ma anche di proiettare potenza in uno dei teatri più sensibili del mondo.

Dal punto di vista militare, il Mediterraneo orientale rappresenta per Ankara un’area chiave per la sicurezza nazionale. La presenza turca nel nord di Cipro attraverso la Repubblica Turca di Cipro del Nord (riconosciuta solo dalla Turchia) rafforza il controllo strategico sul Canale di Suez, sul Levante e su importanti corridoi energetici. Inoltre, le dispute marittime relative alla delimitazione delle zone economiche esclusive (ZEE), soprattutto con Grecia e Cipro, pongono la Turchia in contrasto con altri attori regionali e internazionali. Ankara contesta le rivendicazioni greche basate sulle isole del Dodecaneso e su Kastellorizo, ritenendole sproporzionate rispetto alla dimensione della piattaforma continentale turca.

In risposta a tali tensioni, la Turchia ha adottato la dottrina della “Patria Blu” (Mavi Vatan), che rivendica un’ampia sovranità marittima e prevede una presenza navale attiva e permanente. L’esercito turco, in particolare la marina militare, ha significativamente potenziato le sue capacità operative nel Mediterraneo, con esercitazioni regolari e lo sviluppo di nuove basi navali, tra cui quella di Aksaz e la base avanzata a Tripoli, in Libia, grazie all’accordo militare siglato nel 2019 con il Governo di Accordo Nazionale (GNA).

Parallelamente, la Turchia si è opposta alla nascita di alleanze energetiche escludenti, come il Forum del Gas del Mediterraneo Orientale (EGF), che include Grecia, Cipro, Israele, Egitto e Italia, ma non Ankara. Tale esclusione ha spinto il governo turco a rafforzare la propria proiezione geopolitica, anche attraverso esplorazioni energetiche unilaterali nelle acque contese, spesso scortate da navi da guerra.

Ridefinire le geometrie di potere nella regione

Mar Nero e  Mediterraneo orientale: è in quest’area che si concentrano i conflitti e le sfide cruciali che incideranno sul destino dell’umanità intera, ed è qui che si trovano le nostre nazioni.

Da regioni che spaziano dal Mar Caspio, il Caucaso e il nord del Mar Nero, fino al Mar Egeo e al Mediterraneo orientale, attraversando Egitto, Libia, Cipro, Palestina, Libano, Siria, Turchia, Iraq, Iran, lo Stretto di Hormuz, lo Yemen e il Mar di Oman, si è formato un fronte comune contro l’influenza dell’Occidente globalista, rappresentato dagli Stati Uniti e da Israele. Questo fronte non è soltanto una linea geopolitica, ma un confine morale a difesa della sovranità e della dignità umana. Di fronte all’imperialismo atlantico, riaffermiamo la nostra determinazione a resistere, a proteggere l’integrità delle nostre terre e a garantire la libertà e la prosperità dei nostri popoli. I tentativi occidentali di contrapporre la libertà individuale alla sicurezza collettiva hanno fallito. In Asia occidentale, le differenze etniche, religiose e confessionali sono viste come ricchezza, non come divisione.

L’espansione della NATO verso est, in particolare nel nord del Mar Nero, rappresenta una minaccia per tutti i popoli della regione. C’è un problematico allarmismo pilotato dei poteri europei e invitiamo i popoli d’Europa a resistere alle politiche belliciste promosse da Berlino, Parigi e Londra. La resistenza della Russia, in questo senso, e di altri attori regionali, è fondamentale per preservare il futuro condiviso.  Il controllo delle basi NATO e USA nella regione è una responsabilità condivisa. Tali presenze minacciano pace, sviluppo e stabilità dal Mar Nero fino all’Anatolia orientale. Togliere queste basi è un dovere verso i nostri popoli e verso l’umanità. Le esercitazioni militari congiunte di USA, Israele e alleati nel Mediterraneo orientale, sotto sigle come Noble Dina e Nemesis, sono una minaccia diretta alle sovranità marittime regionali.

Una NATO che si espande è una NATO che si autodistrugge.

In risposta ai tentativi occidentali di frammentare il Caucaso, occorre un fronte unito e solidale. Ankara o sa bene. L’adesione di Azerbaigian, Georgia e Armenia alla NATO aumenterebbe l’instabilità nella regione, minacciando l’equilibrio in tutto il bacino del Mar Nero e del Mediterraneo. La Turchia deve esercitare il proprio diritto di veto su qualsiasi simile sviluppo.

Di grande interesse è la proposta di un’alleanza strategica tra gli Stati regionali e potenze emergenti come Cina e Russia. La presenza congiunta turco-russa in Siria è un elemento stabilizzatore. Rafforzare la cooperazione militare con la Cina è fondamentale per assicurare autonomia strategica e sicurezza delle rotte commerciali.

Viene altresì condannata con forza l’aggressione condotta da Stati Uniti e Israele dal 1991, che ha devastato Iraq e Siria, minacciato Iran e Turchia, e fomentato organizzazioni estremiste per destabilizzare la regione. L’obiettivo, in parte, è l’imposizione di un’entità curda artificiale come “secondo Stato israeliano”. Il recente successo dell’Iran nel respingere l’offensiva israelo-americana è un segnale importante per l’equilibrio del Mediterraneo e del Mar Nero. Difendiamo anche il diritto dell’Iran al programma nucleare civile e l’unità territoriale della Siria.

Anche in Libia, la Turchia assume una posizione di mediazione: l’interferenza occidentale deve essere fermata, la sovranità territoriale ripristinata e il governo lasciato libero di operare, fermando la deportazione di migranti.

Porre fine a sanzioni, embarghi e misure coercitive imposte contro Iran, Russia, Siria, Turchia, TRNC, Abkhazia, Cina, Corea del Nord, Venezuela e Cuba è prioritario e la Turchia è consapevole che l’adesione della Belt and Road Initiative è un’opportunità da non perdere.

La questione palestinese copre uno spazio molto particolare. La maggioranza dei turchi condanna l’occupazione, così come anche le forze politiche, chiedendo trattative di pace e rifiutando gli Accordi di Abramo imposti alla Siria. La causa palestinese è anche turca, poiché la fratellanza islamica travalica le opportunità politiche. Il sistema occidentale globalista sta generando crisi umanitarie, sociali e ambientali. La sua cultura, segnata da decadenza morale e atomizzazione sociale, è in declino. In risposta, emerge una nuova civiltà che valorizza la sovranità, la solidarietà e la giustizia sociale.

Il dominio unilaterale statunitense è finito. Il multipolarismo è oggi una realtà concreta. Salutiamo gli sforzi dei paesi del Sud globale e delle organizzazioni regionali – dai BRICS all’ASEAN, dalla SCO alla Lega Araba – per costruire un nuovo equilibrio mondiale, indipendente dalla supervisione occidentale.

Le acque del Mar Nero e del Mediterraneo portano con sé la promessa di un futuro condiviso.

La riflessione geopolitica della Turchia sul Mediterraneo Orientale e sul Mar Nero

Il dominio unilaterale statunitense è finito. Il multipolarismo è oggi una realtà concreta.

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Dominio geografico

La Turchia occupa una posizione geografica di primaria importanza nel Mediterraneo orientale, fungendo da ponte tra Europa, Asia e Medio Oriente. Il suo affaccio sul Mediterraneo, in particolare attraverso le coste meridionali dell’Anatolia e le acque adiacenti di Cipro, le conferisce un ruolo strategico centrale nei rapporti geopolitici e militari della regione. Questa posizione le consente non solo di controllare rotte marittime vitali per il commercio e l’energia, ma anche di proiettare potenza in uno dei teatri più sensibili del mondo.

Dal punto di vista militare, il Mediterraneo orientale rappresenta per Ankara un’area chiave per la sicurezza nazionale. La presenza turca nel nord di Cipro attraverso la Repubblica Turca di Cipro del Nord (riconosciuta solo dalla Turchia) rafforza il controllo strategico sul Canale di Suez, sul Levante e su importanti corridoi energetici. Inoltre, le dispute marittime relative alla delimitazione delle zone economiche esclusive (ZEE), soprattutto con Grecia e Cipro, pongono la Turchia in contrasto con altri attori regionali e internazionali. Ankara contesta le rivendicazioni greche basate sulle isole del Dodecaneso e su Kastellorizo, ritenendole sproporzionate rispetto alla dimensione della piattaforma continentale turca.

In risposta a tali tensioni, la Turchia ha adottato la dottrina della “Patria Blu” (Mavi Vatan), che rivendica un’ampia sovranità marittima e prevede una presenza navale attiva e permanente. L’esercito turco, in particolare la marina militare, ha significativamente potenziato le sue capacità operative nel Mediterraneo, con esercitazioni regolari e lo sviluppo di nuove basi navali, tra cui quella di Aksaz e la base avanzata a Tripoli, in Libia, grazie all’accordo militare siglato nel 2019 con il Governo di Accordo Nazionale (GNA).

Parallelamente, la Turchia si è opposta alla nascita di alleanze energetiche escludenti, come il Forum del Gas del Mediterraneo Orientale (EGF), che include Grecia, Cipro, Israele, Egitto e Italia, ma non Ankara. Tale esclusione ha spinto il governo turco a rafforzare la propria proiezione geopolitica, anche attraverso esplorazioni energetiche unilaterali nelle acque contese, spesso scortate da navi da guerra.

Ridefinire le geometrie di potere nella regione

Mar Nero e  Mediterraneo orientale: è in quest’area che si concentrano i conflitti e le sfide cruciali che incideranno sul destino dell’umanità intera, ed è qui che si trovano le nostre nazioni.

Da regioni che spaziano dal Mar Caspio, il Caucaso e il nord del Mar Nero, fino al Mar Egeo e al Mediterraneo orientale, attraversando Egitto, Libia, Cipro, Palestina, Libano, Siria, Turchia, Iraq, Iran, lo Stretto di Hormuz, lo Yemen e il Mar di Oman, si è formato un fronte comune contro l’influenza dell’Occidente globalista, rappresentato dagli Stati Uniti e da Israele. Questo fronte non è soltanto una linea geopolitica, ma un confine morale a difesa della sovranità e della dignità umana. Di fronte all’imperialismo atlantico, riaffermiamo la nostra determinazione a resistere, a proteggere l’integrità delle nostre terre e a garantire la libertà e la prosperità dei nostri popoli. I tentativi occidentali di contrapporre la libertà individuale alla sicurezza collettiva hanno fallito. In Asia occidentale, le differenze etniche, religiose e confessionali sono viste come ricchezza, non come divisione.

L’espansione della NATO verso est, in particolare nel nord del Mar Nero, rappresenta una minaccia per tutti i popoli della regione. C’è un problematico allarmismo pilotato dei poteri europei e invitiamo i popoli d’Europa a resistere alle politiche belliciste promosse da Berlino, Parigi e Londra. La resistenza della Russia, in questo senso, e di altri attori regionali, è fondamentale per preservare il futuro condiviso.  Il controllo delle basi NATO e USA nella regione è una responsabilità condivisa. Tali presenze minacciano pace, sviluppo e stabilità dal Mar Nero fino all’Anatolia orientale. Togliere queste basi è un dovere verso i nostri popoli e verso l’umanità. Le esercitazioni militari congiunte di USA, Israele e alleati nel Mediterraneo orientale, sotto sigle come Noble Dina e Nemesis, sono una minaccia diretta alle sovranità marittime regionali.

Una NATO che si espande è una NATO che si autodistrugge.

In risposta ai tentativi occidentali di frammentare il Caucaso, occorre un fronte unito e solidale. Ankara o sa bene. L’adesione di Azerbaigian, Georgia e Armenia alla NATO aumenterebbe l’instabilità nella regione, minacciando l’equilibrio in tutto il bacino del Mar Nero e del Mediterraneo. La Turchia deve esercitare il proprio diritto di veto su qualsiasi simile sviluppo.

Di grande interesse è la proposta di un’alleanza strategica tra gli Stati regionali e potenze emergenti come Cina e Russia. La presenza congiunta turco-russa in Siria è un elemento stabilizzatore. Rafforzare la cooperazione militare con la Cina è fondamentale per assicurare autonomia strategica e sicurezza delle rotte commerciali.

Viene altresì condannata con forza l’aggressione condotta da Stati Uniti e Israele dal 1991, che ha devastato Iraq e Siria, minacciato Iran e Turchia, e fomentato organizzazioni estremiste per destabilizzare la regione. L’obiettivo, in parte, è l’imposizione di un’entità curda artificiale come “secondo Stato israeliano”. Il recente successo dell’Iran nel respingere l’offensiva israelo-americana è un segnale importante per l’equilibrio del Mediterraneo e del Mar Nero. Difendiamo anche il diritto dell’Iran al programma nucleare civile e l’unità territoriale della Siria.

Anche in Libia, la Turchia assume una posizione di mediazione: l’interferenza occidentale deve essere fermata, la sovranità territoriale ripristinata e il governo lasciato libero di operare, fermando la deportazione di migranti.

Porre fine a sanzioni, embarghi e misure coercitive imposte contro Iran, Russia, Siria, Turchia, TRNC, Abkhazia, Cina, Corea del Nord, Venezuela e Cuba è prioritario e la Turchia è consapevole che l’adesione della Belt and Road Initiative è un’opportunità da non perdere.

La questione palestinese copre uno spazio molto particolare. La maggioranza dei turchi condanna l’occupazione, così come anche le forze politiche, chiedendo trattative di pace e rifiutando gli Accordi di Abramo imposti alla Siria. La causa palestinese è anche turca, poiché la fratellanza islamica travalica le opportunità politiche. Il sistema occidentale globalista sta generando crisi umanitarie, sociali e ambientali. La sua cultura, segnata da decadenza morale e atomizzazione sociale, è in declino. In risposta, emerge una nuova civiltà che valorizza la sovranità, la solidarietà e la giustizia sociale.

Il dominio unilaterale statunitense è finito. Il multipolarismo è oggi una realtà concreta. Salutiamo gli sforzi dei paesi del Sud globale e delle organizzazioni regionali – dai BRICS all’ASEAN, dalla SCO alla Lega Araba – per costruire un nuovo equilibrio mondiale, indipendente dalla supervisione occidentale.

Le acque del Mar Nero e del Mediterraneo portano con sé la promessa di un futuro condiviso.

Il dominio unilaterale statunitense è finito. Il multipolarismo è oggi una realtà concreta.

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Dominio geografico

La Turchia occupa una posizione geografica di primaria importanza nel Mediterraneo orientale, fungendo da ponte tra Europa, Asia e Medio Oriente. Il suo affaccio sul Mediterraneo, in particolare attraverso le coste meridionali dell’Anatolia e le acque adiacenti di Cipro, le conferisce un ruolo strategico centrale nei rapporti geopolitici e militari della regione. Questa posizione le consente non solo di controllare rotte marittime vitali per il commercio e l’energia, ma anche di proiettare potenza in uno dei teatri più sensibili del mondo.

Dal punto di vista militare, il Mediterraneo orientale rappresenta per Ankara un’area chiave per la sicurezza nazionale. La presenza turca nel nord di Cipro attraverso la Repubblica Turca di Cipro del Nord (riconosciuta solo dalla Turchia) rafforza il controllo strategico sul Canale di Suez, sul Levante e su importanti corridoi energetici. Inoltre, le dispute marittime relative alla delimitazione delle zone economiche esclusive (ZEE), soprattutto con Grecia e Cipro, pongono la Turchia in contrasto con altri attori regionali e internazionali. Ankara contesta le rivendicazioni greche basate sulle isole del Dodecaneso e su Kastellorizo, ritenendole sproporzionate rispetto alla dimensione della piattaforma continentale turca.

In risposta a tali tensioni, la Turchia ha adottato la dottrina della “Patria Blu” (Mavi Vatan), che rivendica un’ampia sovranità marittima e prevede una presenza navale attiva e permanente. L’esercito turco, in particolare la marina militare, ha significativamente potenziato le sue capacità operative nel Mediterraneo, con esercitazioni regolari e lo sviluppo di nuove basi navali, tra cui quella di Aksaz e la base avanzata a Tripoli, in Libia, grazie all’accordo militare siglato nel 2019 con il Governo di Accordo Nazionale (GNA).

Parallelamente, la Turchia si è opposta alla nascita di alleanze energetiche escludenti, come il Forum del Gas del Mediterraneo Orientale (EGF), che include Grecia, Cipro, Israele, Egitto e Italia, ma non Ankara. Tale esclusione ha spinto il governo turco a rafforzare la propria proiezione geopolitica, anche attraverso esplorazioni energetiche unilaterali nelle acque contese, spesso scortate da navi da guerra.

Ridefinire le geometrie di potere nella regione

Mar Nero e  Mediterraneo orientale: è in quest’area che si concentrano i conflitti e le sfide cruciali che incideranno sul destino dell’umanità intera, ed è qui che si trovano le nostre nazioni.

Da regioni che spaziano dal Mar Caspio, il Caucaso e il nord del Mar Nero, fino al Mar Egeo e al Mediterraneo orientale, attraversando Egitto, Libia, Cipro, Palestina, Libano, Siria, Turchia, Iraq, Iran, lo Stretto di Hormuz, lo Yemen e il Mar di Oman, si è formato un fronte comune contro l’influenza dell’Occidente globalista, rappresentato dagli Stati Uniti e da Israele. Questo fronte non è soltanto una linea geopolitica, ma un confine morale a difesa della sovranità e della dignità umana. Di fronte all’imperialismo atlantico, riaffermiamo la nostra determinazione a resistere, a proteggere l’integrità delle nostre terre e a garantire la libertà e la prosperità dei nostri popoli. I tentativi occidentali di contrapporre la libertà individuale alla sicurezza collettiva hanno fallito. In Asia occidentale, le differenze etniche, religiose e confessionali sono viste come ricchezza, non come divisione.

L’espansione della NATO verso est, in particolare nel nord del Mar Nero, rappresenta una minaccia per tutti i popoli della regione. C’è un problematico allarmismo pilotato dei poteri europei e invitiamo i popoli d’Europa a resistere alle politiche belliciste promosse da Berlino, Parigi e Londra. La resistenza della Russia, in questo senso, e di altri attori regionali, è fondamentale per preservare il futuro condiviso.  Il controllo delle basi NATO e USA nella regione è una responsabilità condivisa. Tali presenze minacciano pace, sviluppo e stabilità dal Mar Nero fino all’Anatolia orientale. Togliere queste basi è un dovere verso i nostri popoli e verso l’umanità. Le esercitazioni militari congiunte di USA, Israele e alleati nel Mediterraneo orientale, sotto sigle come Noble Dina e Nemesis, sono una minaccia diretta alle sovranità marittime regionali.

Una NATO che si espande è una NATO che si autodistrugge.

In risposta ai tentativi occidentali di frammentare il Caucaso, occorre un fronte unito e solidale. Ankara o sa bene. L’adesione di Azerbaigian, Georgia e Armenia alla NATO aumenterebbe l’instabilità nella regione, minacciando l’equilibrio in tutto il bacino del Mar Nero e del Mediterraneo. La Turchia deve esercitare il proprio diritto di veto su qualsiasi simile sviluppo.

Di grande interesse è la proposta di un’alleanza strategica tra gli Stati regionali e potenze emergenti come Cina e Russia. La presenza congiunta turco-russa in Siria è un elemento stabilizzatore. Rafforzare la cooperazione militare con la Cina è fondamentale per assicurare autonomia strategica e sicurezza delle rotte commerciali.

Viene altresì condannata con forza l’aggressione condotta da Stati Uniti e Israele dal 1991, che ha devastato Iraq e Siria, minacciato Iran e Turchia, e fomentato organizzazioni estremiste per destabilizzare la regione. L’obiettivo, in parte, è l’imposizione di un’entità curda artificiale come “secondo Stato israeliano”. Il recente successo dell’Iran nel respingere l’offensiva israelo-americana è un segnale importante per l’equilibrio del Mediterraneo e del Mar Nero. Difendiamo anche il diritto dell’Iran al programma nucleare civile e l’unità territoriale della Siria.

Anche in Libia, la Turchia assume una posizione di mediazione: l’interferenza occidentale deve essere fermata, la sovranità territoriale ripristinata e il governo lasciato libero di operare, fermando la deportazione di migranti.

Porre fine a sanzioni, embarghi e misure coercitive imposte contro Iran, Russia, Siria, Turchia, TRNC, Abkhazia, Cina, Corea del Nord, Venezuela e Cuba è prioritario e la Turchia è consapevole che l’adesione della Belt and Road Initiative è un’opportunità da non perdere.

La questione palestinese copre uno spazio molto particolare. La maggioranza dei turchi condanna l’occupazione, così come anche le forze politiche, chiedendo trattative di pace e rifiutando gli Accordi di Abramo imposti alla Siria. La causa palestinese è anche turca, poiché la fratellanza islamica travalica le opportunità politiche. Il sistema occidentale globalista sta generando crisi umanitarie, sociali e ambientali. La sua cultura, segnata da decadenza morale e atomizzazione sociale, è in declino. In risposta, emerge una nuova civiltà che valorizza la sovranità, la solidarietà e la giustizia sociale.

Il dominio unilaterale statunitense è finito. Il multipolarismo è oggi una realtà concreta. Salutiamo gli sforzi dei paesi del Sud globale e delle organizzazioni regionali – dai BRICS all’ASEAN, dalla SCO alla Lega Araba – per costruire un nuovo equilibrio mondiale, indipendente dalla supervisione occidentale.

Le acque del Mar Nero e del Mediterraneo portano con sé la promessa di un futuro condiviso.

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