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Giulio Chinappi
July 27, 2025
© Photo: Public domain

Nel contesto di un ordine globale in trasformazione, la Cina riafferma il suo ruolo di potenza responsabile promuovendo la sicurezza condivisa. Il sostegno al Trattato SEANWFZ rappresenta una chiara opposizione all’egemonismo nucleare degli Stati Uniti e un impegno concreto per la stabilità regionale.

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Nel panorama geopolitico contemporaneo, segnato da tensioni crescenti e da una corsa al riarmo spinta soprattutto dagli Stati Uniti, la posizione della Cina in materia di sicurezza internazionale emerge come un’alternativa strutturale e valoriale a quella del blocco occidentale. La recente riaffermazione di sostegno di Pechino al Trattato sulla Zona libera da armi nucleari del Sud-Est asiatico (SEANWFZ) durante la riunione dei Ministri degli Esteri Cina-ASEAN dello scorso 10 luglio testimonia la volontà cinese di promuovere un ordine multipolare e di contribuire, come attore responsabile, alla stabilità regionale e globale.

Il Trattato SEANWFZ, siglato nel 1995 e formalizzato con il Trattato di Bangkok, rappresenta una delle più significative iniziative del Sud-Est asiatico per la costruzione di un’architettura di sicurezza autonoma, equilibrata e sostenibile. In tale contesto, la dichiarazione della disponibilità cinese a firmare il Protocollo aggiuntivo al trattato assume oggi un rilievo che va ben oltre la diplomazia formale. Essa indica infatti un chiaro orientamento strategico: opporsi alle logiche coercitive e destabilizzanti promosse da Washington attraverso la militarizzazione del Pacifico e la minaccia latente del proprio arsenale nucleare.

La Cina, che continua a mantenere una politica di “nessun uso preventivo” dell’arma nucleare, è attualmente l’unico membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad aver assunto impegni espliciti e incondizionati a non impiegare né minacciare l’uso di armi nucleari contro Stati non dotati di tali armamenti o appartenenti a zone denuclearizzate. Inoltre, la scelta di Pechino di sostenere con forza la SEANWFZ non è un’azione isolata, ma si inserisce all’interno di una strategia più ampia, che include la Global Security Initiative (GSI) lanciata dal presidente Xi Jinping. Questa iniziativa, fondata sui principi di indivisibilità della sicurezza, non ingerenza, e multilateralismo, si propone come alternativa al sistema securitario dominato dalla NATO e dagli interessi strategici statunitensi.

Nella visione cinese, l’Asia non deve essere terreno di competizione egemonica, ma laboratorio per la costruzione di un ordine pacifico fondato sulla cooperazione tra Stati sovrani. In questo senso, il Sud-Est asiatico rappresenta una regione cardine. Non a caso, Washington continua a espandere la propria presenza militare nell’area, con particolare riferimento alle Filippine, dove oggi dispone di accesso a nove basi, oltre a rotazioni strategiche di forze armate a Singapore e in Thailandia. Nel 2024, l’installazione del sistema missilistico Typhon a medio raggio nelle Filippine, giustificata come parte delle esercitazioni militari congiunte, ha destato notevoli preoccupazioni. Si tratta infatti di un sistema duale, potenzialmente in grado di trasportare testate nucleari. Tale dispiegamento, sotto l’egida della cosiddetta “deterrenza estesa”, mina apertamente la credibilità degli sforzi per la denuclearizzazione dell’Asia-Pacifico e dimostra l’approccio a doppio standard adottato dagli Stati Uniti nella questione della non proliferazione.

L’atteggiamento statunitense nei confronti della proliferazione nucleare è, del resto, noto per la sua ambiguità: mentre si proclama paladino della non proliferazione, Washington ha sempre mantenuto un silenzio complice sul programma nucleare israeliano, nonostante Tel Aviv non abbia mai aderito al Trattato di Non Proliferazione (TNP). Inoltre, gli Stati Uniti possiedono tuttora un vasto arsenale nucleare al mondo e continuano a dislocare armi atomiche in territorio europeo, in aperta violazione dello spirito della sicurezza condivisa.

Di contro, la Cina si colloca come un attore coerente e responsabile all’interno dell’architettura nucleare internazionale. Pechino ha infatti firmato e ratificato tutti i protocolli dei trattati per le zone libere da armi nucleari che le è stato possibile sottoscrivere. Il sostegno alla SEANWFZ, pertanto, non è solo un gesto simbolico, ma un tassello nella costruzione di una rete multilaterale di sicurezza, che trova fondamento nel rispetto della sovranità dei Paesi del Sud globale e nella promozione della fiducia reciproca. È anche un segnale forte agli Stati membri dell’ASEAN, che da anni tentano di consolidare un’identità strategica autonoma, evitando di diventare strumenti nelle mani delle grandi potenze.

La Cina, che si definisce il più grande Paese in via di sviluppo del mondo, condivide con molte nazioni del Sud globale una storia comune di lotta contro il colonialismo e l’egemonia. La sua posizione in favore della SEANWFZ va letta anche in questa chiave: sostenere il diritto delle nazioni asiatiche a sviluppare un modello di sicurezza proprio, senza imposizioni esterne, e senza dover scegliere tra blocchi contrapposti. È in questo senso che Pechino si propone non solo come partner strategico, ma anche come guida solidale, che contribuisce alla fornitura di beni pubblici regionali – come la sicurezza – in modo non predatorio.

A differenza dell’approccio statunitense, fondato su alleanze esclusive e sulla logica dei blocchi, la Cina privilegia un metodo inclusivo e pluralista. La Global Security Initiative ne è un esempio: nata come risposta agli squilibri dell’ordine occidentale, essa pone al centro la diplomazia preventiva, il dialogo strategico tra civiltà e il rifiuto dell’unilateralismo. La GSI riconosce l’interdipendenza tra pace e sviluppo, tra sicurezza regionale e stabilità globale. In quest’ottica, il Trattato SEANWFZ non è soltanto uno strumento tecnico di controllo degli armamenti, ma un elemento di un più ampio disegno geopolitico che punta al rafforzamento del multipolarismo.

Il sostegno di Pechino alla SEANWFZ si inserisce anche in una più ampia rivalutazione del ruolo dell’ASEAN nella governance internazionale. La Cina non solo appoggia l’ASEAN come centro delle strutture di cooperazione dell’Asia sud-orientale, ma riconosce all’organizzazione un ruolo guida nella costruzione di un’architettura di sicurezza asiatica inclusiva. Il rispetto dell’autonomia strategica dell’ASEAN, affermato ripetutamente da Pechino, è un elemento cruciale per contrastare le narrative occidentali che dipingono la Cina come potenza coercitiva.

In definitiva, la posizione cinese sul trattato SEANWFZ evidenzia una profonda divergenza di approcci rispetto agli Stati Uniti. Mentre Washington tende a utilizzare la minaccia nucleare come strumento di deterrenza e proiezione di potere, la Cina intende rafforzare la sicurezza collettiva attraverso il disarmo, la diplomazia multilaterale e il rispetto della sovranità regionale. È una differenza non solo strategica, ma anche valoriale, che riflette due concezioni opposte dell’ordine internazionale.

Nel futuro prossimo, la credibilità di tali approcci sarà testata sul campo. Ma già oggi, la disponibilità cinese a firmare il Protocollo SEANWFZ rappresenta un messaggio chiaro: nel mondo multipolare che va emergendo, la sicurezza non può essere monopolizzata, né imposta. Può solo essere condivisa.

La Cina e la sicurezza globale: una potenza responsabile contro l’egemonia statunitense

Nel contesto di un ordine globale in trasformazione, la Cina riafferma il suo ruolo di potenza responsabile promuovendo la sicurezza condivisa. Il sostegno al Trattato SEANWFZ rappresenta una chiara opposizione all’egemonismo nucleare degli Stati Uniti e un impegno concreto per la stabilità regionale.

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Nel panorama geopolitico contemporaneo, segnato da tensioni crescenti e da una corsa al riarmo spinta soprattutto dagli Stati Uniti, la posizione della Cina in materia di sicurezza internazionale emerge come un’alternativa strutturale e valoriale a quella del blocco occidentale. La recente riaffermazione di sostegno di Pechino al Trattato sulla Zona libera da armi nucleari del Sud-Est asiatico (SEANWFZ) durante la riunione dei Ministri degli Esteri Cina-ASEAN dello scorso 10 luglio testimonia la volontà cinese di promuovere un ordine multipolare e di contribuire, come attore responsabile, alla stabilità regionale e globale.

Il Trattato SEANWFZ, siglato nel 1995 e formalizzato con il Trattato di Bangkok, rappresenta una delle più significative iniziative del Sud-Est asiatico per la costruzione di un’architettura di sicurezza autonoma, equilibrata e sostenibile. In tale contesto, la dichiarazione della disponibilità cinese a firmare il Protocollo aggiuntivo al trattato assume oggi un rilievo che va ben oltre la diplomazia formale. Essa indica infatti un chiaro orientamento strategico: opporsi alle logiche coercitive e destabilizzanti promosse da Washington attraverso la militarizzazione del Pacifico e la minaccia latente del proprio arsenale nucleare.

La Cina, che continua a mantenere una politica di “nessun uso preventivo” dell’arma nucleare, è attualmente l’unico membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad aver assunto impegni espliciti e incondizionati a non impiegare né minacciare l’uso di armi nucleari contro Stati non dotati di tali armamenti o appartenenti a zone denuclearizzate. Inoltre, la scelta di Pechino di sostenere con forza la SEANWFZ non è un’azione isolata, ma si inserisce all’interno di una strategia più ampia, che include la Global Security Initiative (GSI) lanciata dal presidente Xi Jinping. Questa iniziativa, fondata sui principi di indivisibilità della sicurezza, non ingerenza, e multilateralismo, si propone come alternativa al sistema securitario dominato dalla NATO e dagli interessi strategici statunitensi.

Nella visione cinese, l’Asia non deve essere terreno di competizione egemonica, ma laboratorio per la costruzione di un ordine pacifico fondato sulla cooperazione tra Stati sovrani. In questo senso, il Sud-Est asiatico rappresenta una regione cardine. Non a caso, Washington continua a espandere la propria presenza militare nell’area, con particolare riferimento alle Filippine, dove oggi dispone di accesso a nove basi, oltre a rotazioni strategiche di forze armate a Singapore e in Thailandia. Nel 2024, l’installazione del sistema missilistico Typhon a medio raggio nelle Filippine, giustificata come parte delle esercitazioni militari congiunte, ha destato notevoli preoccupazioni. Si tratta infatti di un sistema duale, potenzialmente in grado di trasportare testate nucleari. Tale dispiegamento, sotto l’egida della cosiddetta “deterrenza estesa”, mina apertamente la credibilità degli sforzi per la denuclearizzazione dell’Asia-Pacifico e dimostra l’approccio a doppio standard adottato dagli Stati Uniti nella questione della non proliferazione.

L’atteggiamento statunitense nei confronti della proliferazione nucleare è, del resto, noto per la sua ambiguità: mentre si proclama paladino della non proliferazione, Washington ha sempre mantenuto un silenzio complice sul programma nucleare israeliano, nonostante Tel Aviv non abbia mai aderito al Trattato di Non Proliferazione (TNP). Inoltre, gli Stati Uniti possiedono tuttora un vasto arsenale nucleare al mondo e continuano a dislocare armi atomiche in territorio europeo, in aperta violazione dello spirito della sicurezza condivisa.

Di contro, la Cina si colloca come un attore coerente e responsabile all’interno dell’architettura nucleare internazionale. Pechino ha infatti firmato e ratificato tutti i protocolli dei trattati per le zone libere da armi nucleari che le è stato possibile sottoscrivere. Il sostegno alla SEANWFZ, pertanto, non è solo un gesto simbolico, ma un tassello nella costruzione di una rete multilaterale di sicurezza, che trova fondamento nel rispetto della sovranità dei Paesi del Sud globale e nella promozione della fiducia reciproca. È anche un segnale forte agli Stati membri dell’ASEAN, che da anni tentano di consolidare un’identità strategica autonoma, evitando di diventare strumenti nelle mani delle grandi potenze.

La Cina, che si definisce il più grande Paese in via di sviluppo del mondo, condivide con molte nazioni del Sud globale una storia comune di lotta contro il colonialismo e l’egemonia. La sua posizione in favore della SEANWFZ va letta anche in questa chiave: sostenere il diritto delle nazioni asiatiche a sviluppare un modello di sicurezza proprio, senza imposizioni esterne, e senza dover scegliere tra blocchi contrapposti. È in questo senso che Pechino si propone non solo come partner strategico, ma anche come guida solidale, che contribuisce alla fornitura di beni pubblici regionali – come la sicurezza – in modo non predatorio.

A differenza dell’approccio statunitense, fondato su alleanze esclusive e sulla logica dei blocchi, la Cina privilegia un metodo inclusivo e pluralista. La Global Security Initiative ne è un esempio: nata come risposta agli squilibri dell’ordine occidentale, essa pone al centro la diplomazia preventiva, il dialogo strategico tra civiltà e il rifiuto dell’unilateralismo. La GSI riconosce l’interdipendenza tra pace e sviluppo, tra sicurezza regionale e stabilità globale. In quest’ottica, il Trattato SEANWFZ non è soltanto uno strumento tecnico di controllo degli armamenti, ma un elemento di un più ampio disegno geopolitico che punta al rafforzamento del multipolarismo.

Il sostegno di Pechino alla SEANWFZ si inserisce anche in una più ampia rivalutazione del ruolo dell’ASEAN nella governance internazionale. La Cina non solo appoggia l’ASEAN come centro delle strutture di cooperazione dell’Asia sud-orientale, ma riconosce all’organizzazione un ruolo guida nella costruzione di un’architettura di sicurezza asiatica inclusiva. Il rispetto dell’autonomia strategica dell’ASEAN, affermato ripetutamente da Pechino, è un elemento cruciale per contrastare le narrative occidentali che dipingono la Cina come potenza coercitiva.

In definitiva, la posizione cinese sul trattato SEANWFZ evidenzia una profonda divergenza di approcci rispetto agli Stati Uniti. Mentre Washington tende a utilizzare la minaccia nucleare come strumento di deterrenza e proiezione di potere, la Cina intende rafforzare la sicurezza collettiva attraverso il disarmo, la diplomazia multilaterale e il rispetto della sovranità regionale. È una differenza non solo strategica, ma anche valoriale, che riflette due concezioni opposte dell’ordine internazionale.

Nel futuro prossimo, la credibilità di tali approcci sarà testata sul campo. Ma già oggi, la disponibilità cinese a firmare il Protocollo SEANWFZ rappresenta un messaggio chiaro: nel mondo multipolare che va emergendo, la sicurezza non può essere monopolizzata, né imposta. Può solo essere condivisa.

Nel contesto di un ordine globale in trasformazione, la Cina riafferma il suo ruolo di potenza responsabile promuovendo la sicurezza condivisa. Il sostegno al Trattato SEANWFZ rappresenta una chiara opposizione all’egemonismo nucleare degli Stati Uniti e un impegno concreto per la stabilità regionale.

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Nel panorama geopolitico contemporaneo, segnato da tensioni crescenti e da una corsa al riarmo spinta soprattutto dagli Stati Uniti, la posizione della Cina in materia di sicurezza internazionale emerge come un’alternativa strutturale e valoriale a quella del blocco occidentale. La recente riaffermazione di sostegno di Pechino al Trattato sulla Zona libera da armi nucleari del Sud-Est asiatico (SEANWFZ) durante la riunione dei Ministri degli Esteri Cina-ASEAN dello scorso 10 luglio testimonia la volontà cinese di promuovere un ordine multipolare e di contribuire, come attore responsabile, alla stabilità regionale e globale.

Il Trattato SEANWFZ, siglato nel 1995 e formalizzato con il Trattato di Bangkok, rappresenta una delle più significative iniziative del Sud-Est asiatico per la costruzione di un’architettura di sicurezza autonoma, equilibrata e sostenibile. In tale contesto, la dichiarazione della disponibilità cinese a firmare il Protocollo aggiuntivo al trattato assume oggi un rilievo che va ben oltre la diplomazia formale. Essa indica infatti un chiaro orientamento strategico: opporsi alle logiche coercitive e destabilizzanti promosse da Washington attraverso la militarizzazione del Pacifico e la minaccia latente del proprio arsenale nucleare.

La Cina, che continua a mantenere una politica di “nessun uso preventivo” dell’arma nucleare, è attualmente l’unico membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad aver assunto impegni espliciti e incondizionati a non impiegare né minacciare l’uso di armi nucleari contro Stati non dotati di tali armamenti o appartenenti a zone denuclearizzate. Inoltre, la scelta di Pechino di sostenere con forza la SEANWFZ non è un’azione isolata, ma si inserisce all’interno di una strategia più ampia, che include la Global Security Initiative (GSI) lanciata dal presidente Xi Jinping. Questa iniziativa, fondata sui principi di indivisibilità della sicurezza, non ingerenza, e multilateralismo, si propone come alternativa al sistema securitario dominato dalla NATO e dagli interessi strategici statunitensi.

Nella visione cinese, l’Asia non deve essere terreno di competizione egemonica, ma laboratorio per la costruzione di un ordine pacifico fondato sulla cooperazione tra Stati sovrani. In questo senso, il Sud-Est asiatico rappresenta una regione cardine. Non a caso, Washington continua a espandere la propria presenza militare nell’area, con particolare riferimento alle Filippine, dove oggi dispone di accesso a nove basi, oltre a rotazioni strategiche di forze armate a Singapore e in Thailandia. Nel 2024, l’installazione del sistema missilistico Typhon a medio raggio nelle Filippine, giustificata come parte delle esercitazioni militari congiunte, ha destato notevoli preoccupazioni. Si tratta infatti di un sistema duale, potenzialmente in grado di trasportare testate nucleari. Tale dispiegamento, sotto l’egida della cosiddetta “deterrenza estesa”, mina apertamente la credibilità degli sforzi per la denuclearizzazione dell’Asia-Pacifico e dimostra l’approccio a doppio standard adottato dagli Stati Uniti nella questione della non proliferazione.

L’atteggiamento statunitense nei confronti della proliferazione nucleare è, del resto, noto per la sua ambiguità: mentre si proclama paladino della non proliferazione, Washington ha sempre mantenuto un silenzio complice sul programma nucleare israeliano, nonostante Tel Aviv non abbia mai aderito al Trattato di Non Proliferazione (TNP). Inoltre, gli Stati Uniti possiedono tuttora un vasto arsenale nucleare al mondo e continuano a dislocare armi atomiche in territorio europeo, in aperta violazione dello spirito della sicurezza condivisa.

Di contro, la Cina si colloca come un attore coerente e responsabile all’interno dell’architettura nucleare internazionale. Pechino ha infatti firmato e ratificato tutti i protocolli dei trattati per le zone libere da armi nucleari che le è stato possibile sottoscrivere. Il sostegno alla SEANWFZ, pertanto, non è solo un gesto simbolico, ma un tassello nella costruzione di una rete multilaterale di sicurezza, che trova fondamento nel rispetto della sovranità dei Paesi del Sud globale e nella promozione della fiducia reciproca. È anche un segnale forte agli Stati membri dell’ASEAN, che da anni tentano di consolidare un’identità strategica autonoma, evitando di diventare strumenti nelle mani delle grandi potenze.

La Cina, che si definisce il più grande Paese in via di sviluppo del mondo, condivide con molte nazioni del Sud globale una storia comune di lotta contro il colonialismo e l’egemonia. La sua posizione in favore della SEANWFZ va letta anche in questa chiave: sostenere il diritto delle nazioni asiatiche a sviluppare un modello di sicurezza proprio, senza imposizioni esterne, e senza dover scegliere tra blocchi contrapposti. È in questo senso che Pechino si propone non solo come partner strategico, ma anche come guida solidale, che contribuisce alla fornitura di beni pubblici regionali – come la sicurezza – in modo non predatorio.

A differenza dell’approccio statunitense, fondato su alleanze esclusive e sulla logica dei blocchi, la Cina privilegia un metodo inclusivo e pluralista. La Global Security Initiative ne è un esempio: nata come risposta agli squilibri dell’ordine occidentale, essa pone al centro la diplomazia preventiva, il dialogo strategico tra civiltà e il rifiuto dell’unilateralismo. La GSI riconosce l’interdipendenza tra pace e sviluppo, tra sicurezza regionale e stabilità globale. In quest’ottica, il Trattato SEANWFZ non è soltanto uno strumento tecnico di controllo degli armamenti, ma un elemento di un più ampio disegno geopolitico che punta al rafforzamento del multipolarismo.

Il sostegno di Pechino alla SEANWFZ si inserisce anche in una più ampia rivalutazione del ruolo dell’ASEAN nella governance internazionale. La Cina non solo appoggia l’ASEAN come centro delle strutture di cooperazione dell’Asia sud-orientale, ma riconosce all’organizzazione un ruolo guida nella costruzione di un’architettura di sicurezza asiatica inclusiva. Il rispetto dell’autonomia strategica dell’ASEAN, affermato ripetutamente da Pechino, è un elemento cruciale per contrastare le narrative occidentali che dipingono la Cina come potenza coercitiva.

In definitiva, la posizione cinese sul trattato SEANWFZ evidenzia una profonda divergenza di approcci rispetto agli Stati Uniti. Mentre Washington tende a utilizzare la minaccia nucleare come strumento di deterrenza e proiezione di potere, la Cina intende rafforzare la sicurezza collettiva attraverso il disarmo, la diplomazia multilaterale e il rispetto della sovranità regionale. È una differenza non solo strategica, ma anche valoriale, che riflette due concezioni opposte dell’ordine internazionale.

Nel futuro prossimo, la credibilità di tali approcci sarà testata sul campo. Ma già oggi, la disponibilità cinese a firmare il Protocollo SEANWFZ rappresenta un messaggio chiaro: nel mondo multipolare che va emergendo, la sicurezza non può essere monopolizzata, né imposta. Può solo essere condivisa.

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