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Stefano Vernole
June 9, 2025
© Photo: Public domain

Come era logico aspettarsi, anche gli ultimi colloqui diretti russo-ucraini di Istanbul si sono risolti con un nulla di fatto.

Segue nostro Telegram.

Le rispettive posizioni, infatti, appaiono troppo distanti, per ragioni che qui cercherò di chiarire e sintetizzare.

La Russia che occupa ormai oltre il 20% del territorio ucraino vuole il riconoscimento ufficiale delle regioni già acquisite attraverso i referendum, il ritiro delle truppe ucraine da quelle parti non ancora completamente conquistate, garanzie di sicurezza riguardo il non dispiegamento di truppe e armi straniere in Ucraina, nuove elezioni che consentano un ricambio della leadership a Kiev, tutela culturale-religiosa della minoranza russofona del Paese, eliminazione delle sanzioni.

Al contrario, il Governo Zelensky non intende riconoscere la sconfitta subita sul terreno e lascia aperta ogni prospettiva internazionale e militare del suo Paese, limitandosi a chiedere un mese di tregua probabilmente per tirare il fiato e riarmarsi in un momento critico per le truppe di Kiev.

Le rispettive posizioni erano cristallizzate in questo modo anche prima dell’ultimo tentativo diplomatico e allora perché riproporle?

Accettare le richieste di Mosca, significherebbe ammettere la disfatta della propaganda sulla “resistenza” militare intrapresa da Kiev e dall’Occidente in questi anni, il che per l’Europa e forse anche per la NATO implicherebbe la fine di ogni credibilità. Ciò significa che le forze atlantiche continueranno a combattere fino all’ultimo ucraino.

Per la Russia, accettare di meno rispetto a quanto consegnato nel memorandum ad Istanbul, segnerebbe un compromesso al ribasso e lascerebbe aperte diverse questioni riguardanti la propria sicurezza che si troverebbe poi a dover affrontare successivamente in condizioni peggiori rispetto alle attuali. Ma anche internamente, l’autorevolezza di Vladimir Putin potrebbe iniziare ad incrinarsi, finendo stretto nella morsa tra i possibilisti al ripristino dei rapporti con l’Occidente e i radicali che chiedono una vittoria totale.

Gli unici forse davvero interessati alla mediazione rimangono gli americani, i quali potrebbero accettare una sconfitta tattica e le cui flebili speranze di una svolta verso Oriente rimangono aggrappate ad una neutralizzazione della partnership strategica tra Mosca e Pechino.

Quanto successo negli ultimi giorni, con un’escalation del conflitto mai registrata prima, necessita di perciò di un chiarimento (1).

Dopo che il Vice Marco Rubio aveva diplomaticamente fatto notare come i russi pretendessero “troppo”, il Presidente USA Donald Trump ha stigmatizzato il temporeggiamento del Cremlino minacciando conseguenze “terribili” se la Russia non fosse ritornata al tavolo dei negoziati (2). Per quanto riguarda la minaccia di nuovi provvedimenti economici, bisogna sottolineare che ottantuno senatori statunitensi hanno appoggiato una proposta di legge volta a imporre nuove sanzioni contro la Russia, di fronte a quella che considerano una mancanza di volontà da parte di Mosca di porre fine alla guerra in Ucraina. I senatori di entrambi gli schieramenti – democratici e repubblicani – “vogliono esercitare una maggiore pressione su Vladimir Putin, dopo lo scambio telefonico di lunedì tra il presidente russo e Donald Trump, che non ha portato al cessate il fuoco auspicato da Kiev, dai suoi partner europei e dal presidente americano”. Con 81 cofirmatari su 100 senatori, il testo gode di ampio sostegno, ma non è ancora certo che il leader repubblicano al Senato deciderà di sottoporlo al voto. John Thune ha infatti dichiarato di preferire attendere le indicazioni della Casa Bianca in merito. “Queste sanzioni sarebbero imposte se la Russia rifiutasse di impegnarsi in negoziati in buona fede per una pace duratura con l’Ucraina”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto il senatore repubblicano Lindsey Graham, stretto alleato di Donald Trump, e il senatore democratico Richard Blumenthal, autore del testo. “La proposta di legge imporrebbe inoltre dazi doganali del 500% sui beni importati dai Paesi che acquistano petrolio, gas, uranio e altri prodotti dalla Russia. Una delle principali priorità della nostra legge è ritenere la Cina responsabile per aver sostenuto la macchina da guerra di Putin acquistando petrolio russo a basso costo dalla flotta ombra. Senza il sostegno economico della Cina, la macchina da guerra di Putin si fermerebbe bruscamente” (3).

Ma evidentemente le minacce di nuove sanzioni per costringere Mosca ad abbassare le proprie esigenze non erano sufficienti.

Se l’intelligence ucraina ha candidamente ammesso la partecipazione dei servizi segreti britannici all’operazione contro gli aeroporti militari russi, il coinvolgimento statunitense è stato volutamente sottaciuto. Tuttavia, rimangono tracce evidenti della mano “oscura” dietro gli attentati.

Innanzitutto i servizi segreti di Kiev non avrebbero potuto condurre un’operazione di tale portata senza il sostegno satellitare fornito dagli Stati Uniti d’America. A poco, perciò, servono le smentite della Casa Bianca riguardo le dichiarazioni dell’intelligence ucraina; l’SBU aveva inizialmente affermato di aver avvisato anche Washington del piano, salvo poi fare marcia indietro. Secondo un’accurata inchiesta della tv americana CNN sull’Operazione Spiderweb”, un alto funzionario della difesa statunitense ha dichiarato che l’attacco dell’Ucraina ha dimostrato un livello di sofisticazione mai visto prima e che il Segretario alla Difesa americano Pete Hegseth ha ricevuto aggiornamenti regolari durante il suo viaggio domenica scorsa alla base congiunta Andrews, ma non ha ancora parlato con i suoi omologhi ucraini (4). Ciò significa che Hegseth ha monitorato in tempo reale gli attacchi dei droni contro gli aeroporti e le basi militari russe.

Per quanto riguarda invece gli attentati terroristici ai ponti durante il passaggio dei treni passeggeri, una delle bombe non esplose sulla ferrovia ha permesso agli inquirenti russi di stabilire che i sabotatori ucraini hanno utilizzato delle cariche di esplosivo plastico C-4, di origine statunitense (5).

Queste evidenti pressioni economiche e militari non hanno però minimamente convinto la Russia ad abbassare le proprie richieste durante i negoziati di Istanbul; se il conflitto in Ucraina è esistenziale per l’Occidente lo è altrettanto per Mosca e ciò rimanda al campo di battaglia la sua eventuale soluzione.

(1) In pochi giorni, si è assistito ad un tentativo di assassino di Vladimir Putin mentre si recava in elicottero a Kursk, ad attentati dinamitardi ai ponti mentre passavano i treni nella regione di Bryansk e di Kursk, alla distruzione con droni di alcuni bombardieri e vettori nucleari russi in diverse località del Paese.
(2) Trump si è spinto ad affermare che Vladimir Putin “è totalmente impazzito” e che “sta giocando con il fuoco”.
(3) Richard Blumenthal, senate.gov, 21 maggio 2025.
(4) Svitlana Vlasova, Victoria Butenko, Tim Lister, Mitchell McCluskey and Helen Regan, Ukraine hits air bases thousands of miles inside Russia in audacious military operation, CNN, 2 giugno 2025.
(5) Ukrainian saboteurs used explosives of american origin, “Eurasia Daily”, 2 giugno 2025.

 

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Una pace impossibile e la mano di Washington dietro l’escalation ucraina

Come era logico aspettarsi, anche gli ultimi colloqui diretti russo-ucraini di Istanbul si sono risolti con un nulla di fatto.

Segue nostro Telegram.

Le rispettive posizioni, infatti, appaiono troppo distanti, per ragioni che qui cercherò di chiarire e sintetizzare.

La Russia che occupa ormai oltre il 20% del territorio ucraino vuole il riconoscimento ufficiale delle regioni già acquisite attraverso i referendum, il ritiro delle truppe ucraine da quelle parti non ancora completamente conquistate, garanzie di sicurezza riguardo il non dispiegamento di truppe e armi straniere in Ucraina, nuove elezioni che consentano un ricambio della leadership a Kiev, tutela culturale-religiosa della minoranza russofona del Paese, eliminazione delle sanzioni.

Al contrario, il Governo Zelensky non intende riconoscere la sconfitta subita sul terreno e lascia aperta ogni prospettiva internazionale e militare del suo Paese, limitandosi a chiedere un mese di tregua probabilmente per tirare il fiato e riarmarsi in un momento critico per le truppe di Kiev.

Le rispettive posizioni erano cristallizzate in questo modo anche prima dell’ultimo tentativo diplomatico e allora perché riproporle?

Accettare le richieste di Mosca, significherebbe ammettere la disfatta della propaganda sulla “resistenza” militare intrapresa da Kiev e dall’Occidente in questi anni, il che per l’Europa e forse anche per la NATO implicherebbe la fine di ogni credibilità. Ciò significa che le forze atlantiche continueranno a combattere fino all’ultimo ucraino.

Per la Russia, accettare di meno rispetto a quanto consegnato nel memorandum ad Istanbul, segnerebbe un compromesso al ribasso e lascerebbe aperte diverse questioni riguardanti la propria sicurezza che si troverebbe poi a dover affrontare successivamente in condizioni peggiori rispetto alle attuali. Ma anche internamente, l’autorevolezza di Vladimir Putin potrebbe iniziare ad incrinarsi, finendo stretto nella morsa tra i possibilisti al ripristino dei rapporti con l’Occidente e i radicali che chiedono una vittoria totale.

Gli unici forse davvero interessati alla mediazione rimangono gli americani, i quali potrebbero accettare una sconfitta tattica e le cui flebili speranze di una svolta verso Oriente rimangono aggrappate ad una neutralizzazione della partnership strategica tra Mosca e Pechino.

Quanto successo negli ultimi giorni, con un’escalation del conflitto mai registrata prima, necessita di perciò di un chiarimento (1).

Dopo che il Vice Marco Rubio aveva diplomaticamente fatto notare come i russi pretendessero “troppo”, il Presidente USA Donald Trump ha stigmatizzato il temporeggiamento del Cremlino minacciando conseguenze “terribili” se la Russia non fosse ritornata al tavolo dei negoziati (2). Per quanto riguarda la minaccia di nuovi provvedimenti economici, bisogna sottolineare che ottantuno senatori statunitensi hanno appoggiato una proposta di legge volta a imporre nuove sanzioni contro la Russia, di fronte a quella che considerano una mancanza di volontà da parte di Mosca di porre fine alla guerra in Ucraina. I senatori di entrambi gli schieramenti – democratici e repubblicani – “vogliono esercitare una maggiore pressione su Vladimir Putin, dopo lo scambio telefonico di lunedì tra il presidente russo e Donald Trump, che non ha portato al cessate il fuoco auspicato da Kiev, dai suoi partner europei e dal presidente americano”. Con 81 cofirmatari su 100 senatori, il testo gode di ampio sostegno, ma non è ancora certo che il leader repubblicano al Senato deciderà di sottoporlo al voto. John Thune ha infatti dichiarato di preferire attendere le indicazioni della Casa Bianca in merito. “Queste sanzioni sarebbero imposte se la Russia rifiutasse di impegnarsi in negoziati in buona fede per una pace duratura con l’Ucraina”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto il senatore repubblicano Lindsey Graham, stretto alleato di Donald Trump, e il senatore democratico Richard Blumenthal, autore del testo. “La proposta di legge imporrebbe inoltre dazi doganali del 500% sui beni importati dai Paesi che acquistano petrolio, gas, uranio e altri prodotti dalla Russia. Una delle principali priorità della nostra legge è ritenere la Cina responsabile per aver sostenuto la macchina da guerra di Putin acquistando petrolio russo a basso costo dalla flotta ombra. Senza il sostegno economico della Cina, la macchina da guerra di Putin si fermerebbe bruscamente” (3).

Ma evidentemente le minacce di nuove sanzioni per costringere Mosca ad abbassare le proprie esigenze non erano sufficienti.

Se l’intelligence ucraina ha candidamente ammesso la partecipazione dei servizi segreti britannici all’operazione contro gli aeroporti militari russi, il coinvolgimento statunitense è stato volutamente sottaciuto. Tuttavia, rimangono tracce evidenti della mano “oscura” dietro gli attentati.

Innanzitutto i servizi segreti di Kiev non avrebbero potuto condurre un’operazione di tale portata senza il sostegno satellitare fornito dagli Stati Uniti d’America. A poco, perciò, servono le smentite della Casa Bianca riguardo le dichiarazioni dell’intelligence ucraina; l’SBU aveva inizialmente affermato di aver avvisato anche Washington del piano, salvo poi fare marcia indietro. Secondo un’accurata inchiesta della tv americana CNN sull’Operazione Spiderweb”, un alto funzionario della difesa statunitense ha dichiarato che l’attacco dell’Ucraina ha dimostrato un livello di sofisticazione mai visto prima e che il Segretario alla Difesa americano Pete Hegseth ha ricevuto aggiornamenti regolari durante il suo viaggio domenica scorsa alla base congiunta Andrews, ma non ha ancora parlato con i suoi omologhi ucraini (4). Ciò significa che Hegseth ha monitorato in tempo reale gli attacchi dei droni contro gli aeroporti e le basi militari russe.

Per quanto riguarda invece gli attentati terroristici ai ponti durante il passaggio dei treni passeggeri, una delle bombe non esplose sulla ferrovia ha permesso agli inquirenti russi di stabilire che i sabotatori ucraini hanno utilizzato delle cariche di esplosivo plastico C-4, di origine statunitense (5).

Queste evidenti pressioni economiche e militari non hanno però minimamente convinto la Russia ad abbassare le proprie richieste durante i negoziati di Istanbul; se il conflitto in Ucraina è esistenziale per l’Occidente lo è altrettanto per Mosca e ciò rimanda al campo di battaglia la sua eventuale soluzione.

(1) In pochi giorni, si è assistito ad un tentativo di assassino di Vladimir Putin mentre si recava in elicottero a Kursk, ad attentati dinamitardi ai ponti mentre passavano i treni nella regione di Bryansk e di Kursk, alla distruzione con droni di alcuni bombardieri e vettori nucleari russi in diverse località del Paese.
(2) Trump si è spinto ad affermare che Vladimir Putin “è totalmente impazzito” e che “sta giocando con il fuoco”.
(3) Richard Blumenthal, senate.gov, 21 maggio 2025.
(4) Svitlana Vlasova, Victoria Butenko, Tim Lister, Mitchell McCluskey and Helen Regan, Ukraine hits air bases thousands of miles inside Russia in audacious military operation, CNN, 2 giugno 2025.
(5) Ukrainian saboteurs used explosives of american origin, “Eurasia Daily”, 2 giugno 2025.